la Lectio Divina

la Lectio Divina

Il primo esempio di Lectio Divina si trova nell’episodio dei discepoli di Emmaus, narrato dall’evangelista Giovanni: ai due discepoli in cammino dopo la morte di Gesù, il Maestro risorto si avvicina e spiega le Scritture, profezie che si riferiscono alla Sua Persona. Seguendo questo esempio i primi cristiani iniziarono a rileggere collettivamente le Sacre Scritture, di cui i Vangeli stessi e le lettere costituiscono delle interpretazioni. In seguito i “Padri della Chiesa” individuarono un metodo di lettura delle Scritture fondato sulla dottrina dei “quattro sensi”:

  • letterale-storico (ciò che il testo dice nel suo senso più letterale e riferito alle circostanze storiche in cui fu scritto)
  • allegorico-cristologico-ecclesiologico (ciò che nel testo è simbolico e può chiarire la natura di Cristo e della Chiesa)
  • morale-esistenziale (ciò che il testo insegna riguardo ai comportamenti e alle azioni da compiere nella vita quotidiana)
  • anagogico-escatologico-mistico (come il testo introduce alla contemplazione, cioè alla comunione con Dio).

Questo metodo venne adottato nei monasteri come pratica della Lectio Divina, diventando, insieme al lavoro manuale e alla vita liturgica, uno dei tre pilastri della vita quotidiana:

  • Lectio, lettura e osservazione di un brano della Bibbia
  • Scrutatio, studio
  • Meditatio, meditazione, riflessione sul testo scelto
  • Oratio, orazione, preghiera che parte dalla riflessione sul brano letto
  • Contemplatio, contemplazione nel silenzio.
  • Actio, azione che si traduce in condivisione, proponimento operativo conseguente a quanto si è meditato.

La lectio divina è stata indicata dalla Chiesa ai laici dopo il Concilio Vaticano II e nel 2005, a distanza di 40 anni dalla pubblicazione della costituzione Dei Verbum, è stata riproposta dal Papa Benedetto XVI con queste parole: “L’assidua lettura della Sacra Scrittura accompagnata dalla preghiera realizza quell’intimo colloquio in cui, leggendo, si ascolta Dio che parla e, pregando, Gli si risponde con fiduciosa apertura del cuore”.

La pittura è una “lectio divina”.

L’intuizione che sta alla base del programma “Pittura Lectio Divina” è che l’attività del dipingere  possa essere compresa e attuata come una “lectio divina”.

Nel processo della pittura si parte dal “vero”, che è l’oggetto dello studio. Il primo passo è l’osservazione attenta del vero, affinata dall’ esercizio, nel silenzio interiore. Questo conduce a una comunicazione attiva con la realtà, alla quale si è chiamati a dare risposte personali, originali. Per finire, all’interno di un gruppo così indirizzato, si condividono le proprie opere con quelle degli altri. Il grado di profondità e di riuscita di questo esercizio dipende dall’impegno personale, la condizione alla quale si approda è uno “stato di grazia”.

La realtà visibile interroga continuamente i nostri occhi, e attende da noi una risposta. Di tutto quanto arriva ai nostri occhi quel poco che effettivamente vediamo non è oggettivo, ma filtrato dalla nostra capacità di osservare. L’ umanità in un tempo così pervaso di immagini come il nostro ha bisogno di un orientamento per osservare, per orientarsi, perché più aumentano le immagini davanti ai nostri occhi, più è difficile un discernimento, l’osservazione stessa rischia di perdere significato.

La pittura è un’antica, radicata forma di espressione delle nostre visioni, che trova il suo fondamento nell’esercizio dell’osservazione. Storicamente, è stata in grado di illuminare la realtà. Cerchiamo di vedere le opere dei grandi pittori perché sentiamo che in esse si nasconde una verità, una rivelazione, un potenziale di luce anche per noi. Esiste un’arte dell’osservazione che consiste nel misurare tenendo conto di tutte le parti. Apprendere questa arte con un esercizio costante e l’aiuto di un buon maestro sarebbe un’esperienza profondamente formativa della persona, utile e necessaria per tutti.