‘En plein air’ non significa ‘Paesaggio’.

En plein air (letteralmente all’aria aperta) è un termine in lingua francese perchè si riferisce al metodo adoperato dai pittori francesi nell’ 800, a partire dalla scuola di Barbizon, di dipingere non più nell’ “atelier”, nello studio, ma all’ aria aperta, allo scopo di intercettare tutte le sfumature del colore generate dalla luce piena. 

I pittori che dipingono in questo modo formano insieme un ‘gruppo di ricerca’ che nasce sotto l’impulso delle scoperte scientifiche relative alla luce, ricerca innanzi tutto di un approfondimento della disciplina ‘pittorica’, e si pongono subito in opposizione alla maggioranza, che invece rimane assoggettata al manierismo accademico: per questo motivo all’inizio non vengono compresi, nè tanto meno accettati.

L’avvento della fotografia costituisce un altro pretesto importante per la loro ricerca, non abbastanza posto in risalto.

Il lavoro dei ‘<a>macchiaioli'</a> italiani <a>Sernesi</a>, <a>Cabianca</a>, <a>Borrani</a> e  <a>Fattori</a>, che conoscono Delacroix, Corot, Courbet e la scuola di Barbizon, e che persegue la luminosità naturale attraverso l’uso della macchia,è contemporaneo agli albori dell’impressionismo e ad esso paragonabile nei metodi, nelle tematiche d’attualità e nello stile, ne costituisce il movimento parallelo, con le dovute differenze di contesto sociale e di territorio.

I macchiaioli italiani come gli impressionisti si mettono sulla stessa linea di ricerca dei pittori di Barbizon.

 

Sia il formato medio-piccolo dei dipinti ‘all’aria aperta’ che la  tecnica rapida con la sua tipica pennellata guizzante, venivano adoperati per la semplice ragione di completare l’opera in poche ore.

Questa fretta dipendeva poi esclusivamente dalla velocità del cambiamento naturale delle condizioni luminose: si intendeva restituire sulla tela le sensazioni e le percezioni visive che il <a>vero, osservato all’aria aperta,</a> comunica nelle diverse ore del giorno e in particolari condizioni di luce.

Il soggetto era di solito il paesaggio. Nei molti ritratti realizzati all’aperto lo ‘sfondo’, il paesaggio, non è qualcosa di aggiunto, ma ha la stessa importanza del soggetto, poichè si trova al medesimo momento sotto la medesima luce.

Ma la pittura di paesaggio esisteva già, in realtà il soggetto in sè non ha molta importanza, se non come pretesto (‘motivo’ secondo Cezanne) per osservare la luce.

Al momento attuale, in cui sono evidentemente smarrite le coordinate specifiche della disciplina pittorica, esiste forte il pericolo di confondere la pittura di paesaggio con la pittura en plein air, fraintendendo i termini e così vanificando l’opera meravigliosa di ricerca di quei primi pittori.

Per questo è bene chiarire ristabilendo i corretti confini.

– Il dipingere en plein air crea già  in sèla condizione, unica, di sviluppare l’organo che sta alla base del dipingere: l’occhio.

Questo dipende dal fatto che osservando la luce cambiare alla sua maniera impercettibile ma inesorabile anche l’occhio acquista una sua elasticità e alla lunga si ‘riempie’ di colori insospettabili a un primo sguardo.

Ciò che avviene invece nello Studio è che il colore viene stabilito fin dall’inizio, come colore locale, non dipende dalle variazioni della luce, cioè non dà adito alle trasformazioni che avvengono secondo le leggi fisiche. Esempio: il tronco di un albero si trasforma continuamente secondo la luce, passando dal freddo al caldo, dal blu all’arancio. Un oggetto marrone sarà sempre marrone nello studio, per quanto vi si possa fantasticare sopra.

Questo processo, che è naturale, può essere bloccato dall’ansia di non riuscire a ‘finire’, perciò necessita di uno studio costante.

– Il ‘finire’ non rientra nei suoi scopi.

Ciò che si osserva, scegliendo deliberatamente di osservarla, è una realtà mutevole, cangiante, che si può solo bloccare in un momento di questo suo essere cangiante. Per questo pretendere di ‘finire’ un dipinto enpleinair sarebbe come fermare il tempo.

Il dipinto en plein air appare ‘finito’ quando rispetta questa mutevolezza, quando viene ristabilita l’armonia che la sovrasta continuamente.

La questione della ‘finitezza’ fu all’origine dello scandalo operato da questa pittura quando Monet espose il suo ‘Impressioni del sole nascente’.

– La pittura en plein air obbliga alla velocità.

Questo libera dai manierismi e spinge alla ricerca di nuove soluzioni tecniche, ad esempio nella pennellata, perchè tutto si deve adattare alla luce, non viceversa. E’ la macchina fotografica a catturare un ‘momento’, la pittura non intende mettersi in competizione su questo, al contrario!

La stessa opera di Monet non intendeva ricercare la scientificità o la verosimiglianza della luce, che è invece cosa  da sempre accademica e ricostruibile nello studio, ma il cambiamento che si produceva sullo stesso oggetto, che ne rivelava infinite facce, per cui l’oggetto in sè si dimostrava inconsistente, indifferente. La stessa intuizione che perseguiva Cezanne.

– Il soggetto non è mai ‘pittoresco’, di genere, o particolarmente rivestito di significati simbolici.

E’ interessante solo dal punto di vista luminoso, di linee e contrasti tonali e di tinte: questo lo preserva da qualsiasi pericolo di divenire ‘letterario’, altra tendenza accademica. La ‘veduta’ infatti è il tipico soggetto paesaggistico della pittura precedente, realizzata nell’atelier.

Ne deriva che la scelta del soggetto già mostra chiari gli obbiettivi che si vogliono raggiungere.

– La pittura en plein air non vuole produrre ‘quadri’, ma ‘studi’.

Che uno studio poi si dimostri superiore dal punto di vista della qualità a un quadro, questo è un’altra faccenda.

Possiamo ravvisare proprio in questa impostazione l’elemento di maggiore rottura rispetto alla pittura precedente, in  quel carattere di libertà dell’opera, a rischio di sembrare infantile o ‘non finita’, che poi ha segnato tutta la produzione successiva, penso a Matisse, ad esempio.

– Altro fatto incontestabile mi pare il piacere del dipingere.

Il non essere sottoposti a regole in sè è un piacere e consente di abbandonarsi alla pittura come una forma di meditazione profonda, si pone in opposizione all’obbligo del lavoro a Studio. Il piacere è raddoppiato nel caso di una condizione di silenzio campestre, in cui la natura stessa consente una quiete che va di pari passo con le grazie ricevute dall’occhio.

– La pittura en plein air non serve per fare ‘effetto’, di modo che la gente possa dire: che bello, sembra una fotografia! chi è alla ricerca di effetti troverà sempre da lamentarsi per i cambiamenti della luce, che sempre lo prevaricheranno e alla lunga cercherà altri modi, con migliori risultati, ad esempio ‘finirà’ nello Studio, ‘a memoria’, che significa secondo le sue conoscenze acquisite, cioè alla sua ‘maniera’.

Per ultimo vorrei dire che dipingere en plein air necessita di dedizione e di umiltà, cose difficilissime da trovare in un ‘artista’ nei nostri tempi.

A questo proposito racconto qualcosa che ho vissuto personalmente, quando sono andata in Cina invitata dal governo insieme ad altri pittori italiani, e ci tengo a ribadire che altrove la situazione è molto diversa, e migliore.

Al momento di dipingere en plein air, come ci veniva richiesto, del mio gruppo di 10 persone ci siamo ritrovati solo in 5 a farlo.

I cinesi non hanno compreso questa presa di posizione da parte di coloro che credevano giustamente ‘pittori’, e di fatto è incomprensibile e di fatto non si spiega se non con una mancanza di cultura in materia che da adito a una errata interpretazione della pittura en plein air tendente a confonderla col dilettantismo di certi ‘pittori della domenica’.

Anche storicamente, la pittura en plein air è stata rigettata ad opera del ‘decadentismo’, quando lo stimolo dell’artista è parso spostarsi dalla complessità della realtà naturale all’io personale, sembrando questo più ‘misterioso’ e degno di attenzione, non comprendendo più la relazione che c’è fra l’una e l’altra dimensione.

Personalmente auspico un ritorno alla pittura en plein air, credo perfino che sia l’unica possibilità di risorgereche ha al momento la pittura.

Ma bisogna farlo in maniera onesta, senza ammiccamenti al pubblico e senza confusione.

Per un pittore è necessario in primo luogo chiarirsi  le idee a riguardo, tenendo presente che la confusione genera confusione.

Non ci lamentiamo poi del pubblico che non capisce: siamo noi pittori che dobbiamo educarlo e portarlo a una comprensione.

Laura Grosso 2015

Monet Cattedrale di Rouen

Monet
Cattedrale di Rouen

3 commenti

  • Francesco Fontana ha detto:

    Woe Laura eccellente articolo, anche molto premonitore. La pittura en plein air ha avuto dal 2015 un exploit enorme nel mondo, diventando una piccola industria professionale negli USA. Li quest pratica è presa molto sul serio e ha generato un livello artistico e professionale, nonché economico, importante. Beh parlerei volentieri della mia esperienza artistica sul campo, mavado, ho qui lo zainetto pronto per studiare nella luce della Costa Azzurra! Grazie,

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