‘En plein air’ 

Manet: “…Courbet ha avuto un’esclamazione sublime rispondendo a Daubigny che si complimentava con lui su uno studio marino: questa non è una marina, è un’ora. Ecco cosa non si comprende ancora a sufficienza, è che non si fa un paesaggio, una marina, una figura; si fa l’impressione di un’ora della giornata in un paesaggio, in una marina, su un volto”. (Da Stephane Mallarmè “Edouard Manet e gli impressionisti”)

La Pittura è una forma di arte antichissima che ha avuto la sua evoluzione legata a fattori storici, a come nei diversi tempi si viveva. Questa evoluzione ha toccato il suo punto di svolta più importante verso la fine dell’ottocento, quando i pittori hanno compreso la prerogativa specifica della Pittura come una simultaneità di segno, forma e colore. Questa nuova conoscenza del mezzo si deve a nuovi metodi di studio e di ricerca, particolarmente alla pittura en plein air. Inizialmente adoperato dai pittori francesi dell’ottocento della scuola di Barbizon, diventa con gli impressionisti in Francia e i Macchiaioli in Italia il metodo più usato dai pittori. Si adopera un formato medio-piccolo per supporto, facendo ricorso a una pennellata veloce e approssimativa a causa dei veloci mutamenti della luce. Si intende restituire sulla tela le sensazioni e le percezioni visive che il vero, osservato all’aria aperta, comunica nelle diverse ore del giorno, nelle diverse condizioni di luce. Il soggetto del paesaggio si dice ‘motivo’, secondo il nome coniato da Cezanne, ma il vero oggetto di analisi è la luce, il motivo viene scelto quindi solo come occasione per osservare la luce.  Siccome non esiste un posto in cui sia possibile studiare la luce, subendo il suo forte impulso, che non sia fuori dallo Studio, all’aperto, si tratta di fare di questa modalità della pittura un’esperienza continuata nel tempo.

  • La pittura en plein air crea la condizione necessaria per sviluppare l’occhio, organo alla base del dipingere. Questo dipende dal fatto che osservando la luce cambiare, anche l’occhio acquista una propria elasticità e alla lunga si ‘riempie’ di forme e colori, altrimenti invisibili a un primo sguardo sull’oggetto. Questo processo, che è naturale, può essere bloccato da diversi fattori, perciò necessita di un esercizio costante. In generale l’osservazione richiesta a un pittore non è quella comune, nasce da un dialogo serrato fra soggetto osservante e oggetto osservato. La mancanza di questo tipo di approccio genera uno dei due problemi: o il soggetto prende il sopravvento e incomincia a inventare arbitrariamente, o l’oggetto prende il sopravvento e il pittore comincia a copiare servilmente.
  •  Il non finito è il segno distintivo della corretta osservazione di una realtà in mutazione continua. Quando Monet espone il suo ‘Impressioni del sole nascente’ è proprio la questione della ‘finitezza’ a causare lo scandalo di critici e pubblico nei confronti degli “impressionisti”, appellativo inteso nel suo senso  dispregiativo. Generalmente in chi dipinge all’aperto prende il sopravvento l’ansia di non riuscire a ‘finire’. Ma finire un quadro non significa elaborare un’immagine simile ad una foto. Malgrado un’immagine finita secondo la mentalità comune risulti rassicurante, la qualità illusionistica dell’immagine allontana dalla verità della Pittura. Più che mai nella pittura en plein air, in cui ciò che si osserva è una realtà mutevole, cangiante. Pensare di ‘finire’ un dipinto en plein air sarebbe come pretendere di fermare il tempo. Il dipinto en plein air è da considerare ‘finito’ quando rispetta quella mutevolezza del soggetto, quando viene ristabilita quell’armonia che l’occhio ha goduto e che supera ogni immaginazione. L’apprendimento del metodo en plein air è perciò molto importante e costruttivo, importante per liberarsi da manierismi, spingendo alla ricerca di nuove soluzioni tecniche. Tutto deve essere adattato alla luce, e non viceversa. Ma per quanto veloce possa essere un’esecuzione, non sarà mai come lo scatto istantaneo di un’ immagine fotografica, perciò la pittura en plein air non ha lo scopo di ‘catturare un momento’, come fa la fotografia, ma di ricreare un’armonia simile a quella intravista nella natura.
  • Il soggetto è il paesaggio, e questo costituisce un punto di partenza importante e speciale. Il paesaggio è la natura, oppure la natura ricreata dall’uomo nella città o nei paesi, in ogni caso l’ambiente in cui si svolge l’esistenza umana. Con gli impressionisti entrano nel paesaggio anche le figure e sono trattate con la stessa dose di interesse, al contrario di quanto avveniva nella pittura precedente, in cui il paesaggio aveva sempre la funzione di sfondo. I colori del paesaggio raggiungono una varietà particolarmente estesa e la luce che li modula, estremamente variabile, incontrollabile, obbliga ad una scelta decisa. L’ opera ripetitiva nelle Cattedrali di Monet o del Mont Saint Victoire di Cezanne, indica una ricerca del cambiamento che la luce produce sullo stesso soggetto, che ne rivela infinite facce, per cui il soggetto in sé, al confronto, si dimostra indifferente. Il soggetto non è nemmeno interessante perché ‘pittoresco’, oppure significativo dal lato simbolico, come nella pittura precedente, ma unicamente per la luce, che ne definisce linee, contrasti tonali e tinte: questo significa osservare la realtà dal punto di vista pittorico. La sottomissione alla luce indica anche il modo in cui si deve lavorare en plein air: non è possibile infatti lavorare a un’opera per più di un’ora, in quanto la luce cambia troppo. La ragione per cui preferire una veduta a un’altra dovrebbe essere offerta esclusivamente dalla qualità della luce. Dando le spalle alla luce forma e colori saranno mostrati al meglio, e una veduta già in sé armoniosa, offre all’occhio la capacità di elaborare una visione a sua volta armoniosa. Per non incorrere in un’immagine piatta chiaroscuro, colori e forme del soggetto dovrebbero essere variati, i verdi  abbondanti e in mezzo ad essi degli spunti rossastri, o comunque caldi. Lo studio e l’esercizio dei colori complementari è particolarmente indicato in vista del dipingere en plein air, perché in natura ciò che sembra una teoria può essere sperimentata e toccata con mano, per esempio la questione delle ombre colorate. Come Cezanne, Monet e altri hanno evidenziato, non è importante cambiare il soggetto, anzi, la ripetizione di uno stesso soggetto può essere un’ottima risorsa per la ricerca.
  •  La pittura en plein air è una pittura di ‘ricerca’, al contrario della pittura precedente, non serve per fare ‘effetto’. Chi osserva un quadro en plein air non dirà mai: ‘che bello, sembra una fotografia!’ Il pittore che è alla ricerca di effetti troverà sempre da lamentarsi per i cambiamenti della luce, che lo prevaricano, e cercherà altri modi, ‘finirà’ nello Studio ‘a memoria’, cioè secondo le sue conoscenze acquisite, alla sua ‘maniera’. Nella pittura en plein air il soggetto non è mai ‘pittoresco’, di genere, o particolarmente rivestito di significati simbolici. E’ interessante solo dal punto di vista luminoso, di linee e contrasti tonali e di tinte: questo lo preserva da qualsiasi pericolo di divenire ‘letterario’, altra tendenza accademica. La ‘veduta’ infatti è il tipico soggetto paesaggistico della pittura precedente, realizzata nell’atelier. Ne deriva che la scelta del soggetto già mostra chiari gli obbiettivi che si vogliono raggiungere. La Pittura en plein air non intende produrre ‘quadri’, ma studi’. Che uno studio poi si dimostri superiore dal punto di vista della qualità a un quadro, questa è un’altra faccenda. Possiamo ravvisare proprio in questa impostazione l’elemento di maggiore rottura rispetto alla pittura precedente, in  quel carattere di libertà dell’opera, a rischio di sembrare infantile o ‘non finita’, che poi ha segnato tutta la produzione successiva, penso a Matisse, ad esempio.

La pittura en plein air celebra il piacere del dipingere come ‘gioia di vivere’, richiede solo di abbandonarsi al piacere di dipingere. Il non essere sottoposti a regole in sé è un piacere che consente di abbandonarsi alla pittura come a una forma di meditazione profonda. In questo senso la pittura en plein air si pone in opposizione all’obbligo del lavoro a Studio. Questo piacere è raddoppiato nel caso di una condizione di silenzio campestre, in cui la natura stessa consente una quiete che va di pari passo con le grazie ricevute dall’occhio.

Come iniziare?

 Per prima cosa si deve affrontare la forma, attraverso il disegno. Particolarmente per questo soggetto, è necessario almeno iniziare da una veduta di insieme, che non tenga conto dei dettagli. Più linee si fanno, più ci si allontana dalla grandezza dell’insieme, più confusione si genera. Quindi è indispensabile scegliere le linee fondamentali e poi non ripensarci, piuttosto iniziare un nuovo quadro. Ma come liberarsi dei dettagli, della descrizione parziale e superficiale della natura? Bisogna vedere nella natura le forme geometriche, come suggeriva con profonda intuizione Cezanne. La forma geometrica è l’ente astratto intorno al quale è articolata la pittura, elementarmente può definirsi come un insieme continuo di punti e di relazioni tra gli stessi punti. Triangolo, cerchio, quadrato e rettangolo. Cono, sfera, cubo, cilindro. Chi non è in grado di vedere queste forme non è in grado di vedere.Tutto l’esercizio in pittura è fondato sull’apprendimento di questa competenza.

Come dipingere?

Si possono usare supporti come carta o tavolette invece che tele. E’ importante munirsi di materiale di buona qualità e facilmente trasportabile e di usare supporti o carta adatta al materiale che si intende adoperare. La gamma dei colori sulla tavolozza deve essere variata e equilibrata, a parte il nero devono essere presenti tutti i colori. E’ necessario dipingere per macchie, non si può dipingere altrimenti. La pittura che non avviene per macchie non può essere considerata pienamente pittura. La ragione del dover ricorrere alle macchie è insita nella mutevolezza della luce. Le macchie devono essere all’inizio larghe, per poi restringersi progressivamente, fino a sfaccettare ogni elemento importante. Qualche linea può sottolineare alla fine le forme più importanti. Per questa ragione è necessario usare i pennelli muovendo dal più grande al più piccolo. Dipingere sullo stesso soggetto non più di un’ora o due. Dopo questo tempo la luce cambia in maniera tale che non è più possibile utilizzare i parametri iniziali. L’opera può dirsi finita quando viene riempita del colore esatto in ogni sua parte (osservare l’attuale scuola di Civita Castellana di Israel Hershberg). E’ importante non ostinarsi su un’opera, ma dare importanza alla visione iniziale, perché non perda la sua freschezza. La parola impressione rimane la definizione a fondamento di questa modalità di pittura.

Per concludere: la pittura en plein air necessita di dedizione e di umiltà.

L’umiltà è la condizione di base per osservare la natura, la dedizione è la virtù principale per conseguire qualche risultato, due virtù che non vanno di moda. Lo stimolo che muove l’artista si è spostato dalla complessità della realtà naturale all’io personale. Smarrendo la relazione che c’è fra l’una e l’altra dimensione, l’artista è entrato in un universo artificiale, arbitrario, costruito unicamente dalla sua personalità, considerata da lui la sola realtà degna di attenzione. Dipingere en plein air si è dimostrata nella storia della Pittura ‘la strada maestra’, diventa perciò fondamentale ripartire da essa per ristabilire la pittura come forma d’arte eccelsa e di importanza vitale per tutta la società umana. Osservare, intuire, verificare, lasciarsi istruire dalla luce: nessun maestro, nessuna accademia potrà mai insegnare tanto. A confronto con ciò il costruire un quadro sembra artificioso e pedante. La pittura che permette l’accademia è per forza di cose legata a uno spazio chiuso, in cui tutto viene più facilmente controllato. Basti pensare a una natura morta, a come sia studiata la luce,  in certi casi perfino servendosi di luci artificiali. Al contrario, trovarsi a dipingere all’ aperto, o comunque nella luce naturale, dipendendo dalle variazioni luminose a volte impercettibili, sembra escludere qualsiasi punto di riferimento: il lavoro, lo studio diventa più faticoso, complicato.Tuttavia proprio questa difficoltà apre la strada alla pittura propriamente detta, sia dal lato della tecnica, sia dal lato dell’ispirazione che viene dal motivo (per esempio in Cezanne). E’ in questo senso che si può parlare di una vera e propria ricerca individuale, secondo la personale sensibilità dell’artista, in cui la gratuità ha una parte considerevole. La pittura non può essere, evidentemente, una descrizione della realtà al modo della fotografia, ma nemmeno semplicemente la descrizione di una fantasia o di un pensiero o di un’idea. Al contrario è un mezzo estremamente concreto, quantificabile, che dialoga  direttamente con la realtà circostante. Come ogni esperienza artistica si occupa della realtà, visibile e invisibile, ma non la vuole spiegare, non ne vuole dare una definizione, solo vuole indicarne una possibile lettura, una fra tante. Soprattutto, la pittura si occupa della realtà” illuminata”: osservazione del vero e comprensione della luce si devono bilanciare, esse stesse forniranno così le basi per l’ interpretazione personale.

Appendice. La pittura di paesaggio e l’uso della fotografia in Pittura.

In genere si crede che dipingere dalle foto sia più facile che dal vero, ma invece è una cosa che si può fare con buoni risultati solo se si impara a vedere il vero. Prima è necessario formarsi una propria visione attraverso l’osservazione pittorica della realtà, dal vero. Si consideri la foto una immagine realizzata da un occhio automatico, in questo senso è già una elaborazione della realtà, neanche troppo fedele. Infatti la foto appiattisce, elimina la tridimensionalità, annulla la varietà delle tinte, le ombre perdono la loro qualità colorata. La foto suggerisce soltanto, perciò c’è bisogno di molta più fatica personale, diventa necessario guardare dieci volte meglio. Per dipingere da una foto è indispensabile sforzarsi di vedere i colori, i toni, e anche le forme, ciò che col modello dal vero avviene più spontaneamente. La tentazione di cedere alla verosimiglianza è più che mai pressante e ostacola ciò che dovrebbe essere sviluppato: l’intuizione e l’analisi.

L’avvento della fotografia rese urgente la domanda ‘cos’è la pittura?’ nel corso del secolo la risposta a questa domanda è stata concorde: la pittura non può essere una riproduzione del vero come la fotografia, il suo scopo è esprimere la trascendenza percepita nella realtà, pervenendo a una visione della realtà, che né i soli occhi né tanto meno l’occhio automatico di una macchina possono realizzare. La macchina fotografica cattura letteralmente un ‘momento’, la pittura non può e non vuole entrare in competizione su questa capacità, non intende ricercare la verosimiglianza della luce, che è invece cosa  da sempre accademica e ricostruibile nello studio, ma il cambiamento che la luce produce sullo stesso oggetto, che ne rivela infinite facce.

6 commenti

  • couppe sylvvie ha detto:

    Bellissimo il suo quadro. Sono alla ricerca di un gruppo di pittori peasigistico con tecnica ad olio preferibilmente en plein air ai quali potrei aggregarmi.molto cordialmente. Sylvie.

  • giampietro vanini ha detto:

    Ho sempre lavorato in studio con dipinti a olio realisti. Ora mi piacerebbe dedicarmi alla pittura in plein air, credo non sia facile dovere cambiare mentalità.

    • Laura Grosso ha detto:

      Si, hai ragione. Ma è proprio dipingere fuori che insegna lo specifico dalla Pittura: la ricerca della luce dalla quale si genera il colore. Il lavoro en plein air ha anche la particolarità di essere veloce per adattarsi alle variazioni della luce, questo è un bene per la pittura poiché ne preserva la freschezza. Grazie per il tuo commento e buon lavoro!

  • giampietro vanini ha detto:

    Mi piace molto Josè Salvaggio che seguo sul pc. Non trovo paesaggisti in plei air italiani contemporanei da seguire. Seguo anche gli impressionisti americani.

    • Laura Grosso ha detto:

      Conosco i pittori che dici e sono d’accordo, anche io ne conosco pochi. Tuttavia si deve considerare che per un pittore il paesaggio è un tema come un’altro, in caso contrario diventa facilmente una “maniera”. Ti consiglio lo studio dei macchiaioli per comprendere la pittura italiana di paesaggio.

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