La parte destra del cervello

La parte destra del cervello

09/07/2018 Off Di Laura Grosso

Molti credono che dipingere significhi “esprimere se stessi” senza considerare che tale espressione passa necessariamente per un apprendimento, attraverso una disciplina specifica che coinvolge l’occhio e la mano. Il primo elemento da considerare è l’osservazione. La capacità di osservare non è innata, si acquista attraverso un esercizio costante della parte destra del cervello, attitudine che in età adulta risulta essere poco o affatto sviluppata. Ecco uno specchietto che spiega le diverse potenzialità dei due emisferi del cervello. Betty Edwards nel libro “Disegnare con la parte destra del cervello” indica una serie di esercizi volti a facilitare lo sviluppo e l’affinamento delle facoltà presiedute dall’emisfero destro.

Cervello Emisfero sinistro

Cervello Emisfero destro

logica istinto
lingua, parole (parlare, leggere, scrivere)

comunicazione logica

disegno, musica, canto, arte, danza

comunicazione gestuale, emozionale

affronta una cosa alla volta integra diversi input contemporaneamente
elabora le informazioni in maniera lineare e compie operazioni in modo sequenziale sede dei sogni, percepisce e pensa in modo olistico
concreto, razionale

tempo (prima, dopo)

spirituale, sacro, mistico

focalizzazione sul presente (qui e ora)

calcolo matematico interpretazione di forme e volumi
dogmi e vecchie regole,

vecchie soluzioni a nuovi problemi

elabora nuove regole,

nuove soluzioni a vecchi problemi

mette in sequenza, linearità, lista,

visione dei dettagli, vedere da vicino,

mettere a fuoco

visione d’insieme, schemi

vedere da lontano, spaziare

classificazione e ragionamento,

nota le differenze, scompone

percezione e sintesi,

nota le somiglianze, ricompone

memoria verbale memoria visiva
bianco e nero e spazio 2D colori e spazio 3D
metodo intuito

A partire dai sette anni il bambino perde le abilità di equilibrio dei due emisferi cerebrali e, se non proviene da un ambiente che naturalmente promuova la sua capacità di riflessione, emozione, intuizione, creatività e meraviglia, molto velocemente si ritrova strangolato in un sistema che valorizza esclusivamente le sue capacità analitiche, l’abilità di usare bene le parole e lavorare con i numeri, del quale la scuola è fra i primi fautori. La persona si trova così sottomessa a un sistema che enfatizza l’ antagonismo a tutti i costi a totale detrimento del perfezionamento di una visione unificatrice capace di includere la varietà dei dettagli e la creatività in generale, finalizzata alla ricerca della pace e dell’armonia all’interno di se stessa e nei confronti del suo ambiente. L’osservazione è una funzione che va al di là del semplice guardare con gli occhi. Essa consiste nell’abilità di elaborare le informazioni visive in un modo differente dagli stati ordinari di coscienza polarizzati dal pensiero razionale lineare (emisfero sinistro del cervello). Grazie all’allenamento dell’emisfero destro, la visione riesce gradualmente a sottrarsi alla costante operazione di filtro operata dagli schemi precostituiti della mente razionale gestita dall’emisfero sinistro del cervello. L’attività pittorica, strettamente connessa all’osservazione, consente di sciogliere i blocchi percettivi che impediscono l’acquisizione della realtà per quella che è. Nel dipingere avviene uno spostamento della percezione che induce uno stato di coscienza ‘altro’, che coinvolge la visione e la percezione. Questa sorta di ‘trance’ stabilisce una comunicazione speciale con l’oggetto osservato. E’ in virtù di questo stato di grazia, che si acquista l’abilità di tradurre l’oggetto in segni grafico-pittorici.

L’esercizio dal vero.

Premesso che l’immaginario personale e collettivo costituisce il materiale a cui la pittura, come qualsiasi arte visiva, fa ricorso costantemente, è un grave errore pensare che tale materiale possa essere fornito dalla fantasia, in qualche modo ‘dal nulla’. Come è un errore pensare che l’originalità possa prescindere dalla storia che ci ha preceduti, al contrario: non è possibile nessuna ricerca seria in pittura che non affondi le sue basi sul passato. L’acquisizione del linguaggio pittorico si basa da sempre su due elementi: il ‘vero’ e le opere della storia dell’arte passata. Dal novecento, con le ricerche scientifiche, il metodo si arricchisce dello studio sul colore e sulla luminosità in sé. Appoggiata armoniosamente su questi tre pilastri la ricerca pittorica può svilupparsi in maniera pienamente soddisfacente. Con l’avvento della fotografia i pittori cominciano a fare uso anche delle immagini fotografiche per la costruzione delle loro opere, ma questo solo dopo aver conseguito l’istruzione tradizionale di cui sopra. In ogni caso non si tratta mai di una copia della fotografia (come non si tratta di fare copie di opere di altri pittori, ma ‘studi’) . Si tratta di servirsi anche dell’immagine fotografica per scopi compositivi o in casi in cui lo stesso soggetto non potrebbe essere colto dal vero, per esempio la figura in movimento. Adoperare la fotografia come metodo di studio è una soluzione comoda ma dannosa. L’esercizio  in pittura non necessita di molto, per quanto riguarda il soggetto: tutto può essere preso in considerazione, perché ciò che conta è la luce, la forma, il colore. Si possono perfino fare studi multipli dello stesso soggetto sotto la stessa luce, imparando sempre qualcosa di nuovo, perchè niente è mai uguale a sé stesso, basta una minima sfumatura e tutto cambia, e abbiamo molti esempi di questo nella storia dell’arte. Dipingere un quadro astratto non può essere considerata una soluzione per studiare la pittura, a meno che non si tratti di studi specifici sul colore e sulla forma.

Pittura = Osservazione + Vero + Storia + Luce.

Un insegnamento serio può contare solo su un metodo che garantisca l’apprendimento di questi elementi. Questa è la strada maestra per operare in pittura, e questo è quanto intende trasmettere lo Studio di Pittura di Laura Grosso, a chi desidera riceverlo.