Paul Cezanne

Paul Cezanne

“Bisogna trattare la natura attraverso il cilindro, la sfera, il cono, il tutto messo in prospettiva, in modo che ogni parte di un oggetto, di un piano, sia diretta verso un punto centrale. Le linee parallele all’orizzonte esprimono la larghezza, che è un aspetto della natura, o se preferite dello spettacolo che il Pater Omnipotens Aeterne Deus dispiega davanti ai vostri occhi. Le linee perpendicolari all’orizzonte rappresentano la profondità. Per noi uomini la natura è più in profondità che in superficie; di qui la necessità d’introdurre nelle nostre vibrazioni luminose, rappresentate dai rossi e dai gialli, una certa dose di toni blu per far sentire l’aria”

Premessa. Il rapporto tra pittura e percezione implica un processo di selezione e sistematizzazione del dato sensibile che nella tradizione occidentale è affidato ad alcuni elementi di individuazione, quali la linea, il piano, il volume, il colore. La pittura, come ogni altro genere di linguaggio, non va considerata alla stregua di un calco della realtà. Ogni pittore ha utilizzato a modo suo i materiali precedentemente accumulati. Esistono dei codici iconografici, ed è lavorando sui codici del passato, trasformandoli, che il pittore ne produce di nuovi. Da che esiste la pittura, gli artisti che vi si sono applicati hanno svolto attraverso di essa un discorso che riguarda non solo le cose riprodotte, ma anche il modo di riprodurle.

 In Europa, dal Rinascimento in poi, il modo di vedere tipico della pittura è stato determinato dalle leggi della prospettiva. La scoperta, o meglio riscoperta, della prospettiva, oltre a rappresentare un capitolo avvincente della vicenda scientifica e artistica che appassionò Firenze nei primi decenni del Quattrocento, è insieme il momento culminante di un processo di razionalizzazione applicato alle arti figurative. Piero della Francesca, che nel suo trattato De prospectiva pingendi ha dato una sistemazione scientifica alla materia che era già stata trattata in maniera empirica da Ghiberti, Brunelleschi e Alberti, dimostra nella maniera più lampante che la realtà non si copia, ma la si ricostruisce architettonicamente, riferendo ciascun solido al modello ideale dei corpi regolari. Sarebbe errato pensare che l’introduzione della prospettiva detta scientifica nell’ambito della pittura abbia rappresentato l’esigenza di una visione neutra e oggettiva della realtà. Al contrario, l’astrazione geometrica conferisce al mondo delle forme le caratteristiche proprie di una concezione intellettualmente raffinata della vita, presente anche in altre espressioni della cultura umanistica, come la filosofia e la letteratura. Nel momento in cui i pittori si rendono conto di agire su degli schemi visivi ereditati dalla tradizione, e di operare nel senso di una evoluzione che li renda atti ad esprimere nuovi aspetti della conoscenza, la pittura acquista una duplice funzione linguistica, sviluppando una sua dimensione interna che è la riflessione sulla specificità dei suoi mezzi espressivi. Anche l’Impressionismo, il movimento dal quale trae origine tutta la pittura moderna, si è posto dei problemi sulla natura del linguaggio pittorico. Oltre al rifiuto di ogni precedente schematismo, ivi compresa la prospettiva di origine umanistico-rinascimentale, si enfatizza la percezione come operazione autonoma della mente e insostituibile esperienza della vita e la pittura tende a restituire appunto alla percezione del dato tutta l’originalità e integrità iniziale.

Cézanne, nel delicato rapporto tra sensazione e realizzazione non riuscì mai a prescindere dal momento costruttivo, che divenne il supporto essenziale della sua ricerca, uno scheletro per sostenere e ordinare la sua sensibilità, che lo rese capace di dare alle sue “petite sensation” una forma semplificata, con una indipendenza dalla verosimiglianza mai conosciuta prima.

 “I piatti o le coppe messe di profilo su una tavola dovrebbero essere delle ellissi, ma i due estremi dell’ellissi sono ingranditi e dilatati…. contro le leggi della prospettiva […]. Cézanne non ha creduto di dover scegliere tra la sensazione e il pensiero, come tra il caos e l’ordine. Egli non vuole separare le cose immobili che appaiono sotto il nostro sguardo, e la fuggevolezza del loro modo di apparire. Vuole dipingere la natura nell’atto di darsi forma, l’ordine che nasce attraverso una organizzazione spontanea […]. Le ricerche di Cézanne in materia di prospettiva anticipano, per via della loro fedeltà ai fenomeni, i dati che la psicologia recente doveva formulare. La prospettiva vissuta, quella della nostra percezione, non è la prospettiva geometrica o fotografica. Dire che un cerchio visto obliquamente appare come un’ellissi, significa sostituire alla percezione effettiva lo schema di quello che dovremmo vedere se avessimo, al posto degli occhi, un apparecchio fotografico: noi vediamo infatti una forma che oscilla attorno all’ellissi senza essere un’ellissi”. Merleau-Ponty

Non è un caso se a porre l’accento sulla peculiarità dell’elemento costruttivo di Cézanne è un filosofo che, con l’attenzione prestata alla “fenomenologia della percezione”, ha inteso elaborare una nuova ontologia esistenziale fondata sulla interrelazione tra la coscienza e il mondo oggettivo.

Allo stesso modo un altro filosofo francese, Bergson, aveva compiuto uno sforzo energico per superare gli schemi positivistici che imbrigliavano la cultura ufficiale, illustrando il modo di essere della vita interiore, irriducibile a quello delle cose su cui ha presa la scienza, vicino alla direzione verso cui si muovevano gli impressionisti.

A chi gli faceva notare che per i pittori classici un quadro esige precisione nei contorni, equilibrio nella composizione e distribuzione delle luci, Cézanne rispondeva: “Essi facevano dei quadri; noi tentiamo dei pezzi di natura”. 

Diceva dei maestri che essi “sostituivano la realtà con l’immaginazione e con l’astrazione che l’accompagna” e della natura che “bisogna inchinarsi di fronte a quest’opera perfetta. Da essa tutto deriva, per essa noi esistiamo, dimentichiamo il resto” . 

Nell’attribuzione ai cubisti di uno spiccato ascendente cézanniano non sono mancate frettolose generalizzazioni. Nel suo processo di astrazione applicato alla realtà Cézanne, al contrario di loro, non è mai andato oltre un certo limite, quello che permette agli oggetti di sussistere nella loro concretezza fisica, sebbene attraverso la trasfigurazione pittorica. Dato che nei quadri di Cézanne, a prima vista, cilindri e sfere non se ne scorgono, appare chiaro che la sua celebre frase, riportata sopra  e tratta da una sua lettera del 1904 a Bernard, che sarà applicata alla lettera dai cubisti, per lui ha il valore di una aspirazione ideale, la stessa che gli faceva dire in un’altra occasione:

“Il metodo si manifesta a contatto con la natura, e si sviluppa attraverso le circostanze. Questo metodo consiste nel cercare l’espressione di ciò che uno sente, nell’organizzare la sensazione all’interno di una estetica personale” .

Cézanne non  intendeva rinnegare il linguaggio impressionistico per far ritorno alla forma plastica ottenuta mediante il disegno e il modellato a chiaroscuro tradizionale, né aveva di mira, come i cubisti, un’analisi integrale dei vari piani degli oggetti e la loro simultanea ed astratta proiezione in superficie. La sua dichiarata volontà di “solidificare” e sottomettere ad una norma geometrica le apparenze visive non significa se non l’ansia di ricreare, fondandosi esclusivamente sul colore, un universo pittorico meditato e costruito in ogni giuntura con paziente applicazione.

Dimensione morale della pittura. 

Sulle pareti rocciose della Saint-Victoire le nubi, sospinte dal maestrale, proiettano ombre fugaci che si alternano a bagliori improvvisi, la montagna pare avvolta da una spirale vorticosa che esalta il gioco dei volumi pluriformi, le sue creste si stagliano come cristallo nel cielo di Provenza. l’intensità della passione che Cézanne fu preso da vera passione per questo magico paesaggio, che studio con assiduità scrutandolo in ogni suo aspetto, da ciò si capisce come la sua arte nasca dal rapporto con la natura. Un rapporto meno immediato di quello degli impressionisti, meno istintivo, più meditato e profondo. 

Egli non può concepire la pittura al di fuori di questo rapporto è tutta la sua opera non è che un dialogo con le cose, nature morte e paesaggi, oggetti ai quali ha cercato di carpire un segreto attraverso ore di solitaria contemplazione.

“Se il pittore vuole esprimere il mondo, bisogna che la disposizione dei colori porti in sé questo Tutto indivisibile; altrimenti la sua pittura sarà una allusione alle cose e non le tradurrà nella loro unità imperiosa, nella loro presenza, in quella pienezza insuperabile che, per noi tutti, è la definizione del reale. E’ per questo che ogni pennellata deve soddisfare ad una infinità di condizioni; è per questo che Cézanne meditava talvolta per un’ora intera prima di eseguirla; la pennellata, come dice Bemard, ‘deve contenere l’aria, la luce, l’oggetto, il piano, il carattere, il disegno, lo stile’. L’espressione di ciò che esiste è un compito infinito” .Merleau-Ponty