Elementi del Disegno

Elementi del Disegno

Come la pittura nasce dalla sensibilità alla luce e ai colori che la compongono, così il disegno nasce dalla sensibilità alla forma e alle linee che la compongono. La realtà visibile nella quale viviamo immersi ci offre tutto il materiale che ci serve, a patto che noi ci spingiamo ad osservarla attentamente: il disegno è una maniera per realizzare questa osservazione. Dentro di noi esiste una specie di serbatoio nel quale vengono conservati, insieme ai colori, tutte le forme e le linee che si offrono quotidianamente ai nostri occhi. Come i colori anche le linee possono essere richiamate in qualsiasi momento, ma di per sé sono insufficienti per formare un vero vocabolario. Esse vanno continuamente accresciute tramite l’osservazione e l’esercizio. Come per dipingere anche per disegnare è indispensabile un esercizio continuo dal vero: è questo l’unico metodo di conoscenza che abbiamo per elaborare nuove forme.

Esercitare lo sguardo a cogliere le forme non è una cosa semplice, necessita non solo di buona volontà e di molto esercizio, ma in primo luogo di percezione. Prima di essere disegnate le forme devono essere percepite correttamente dentro di sé, la forma deve essere riflessa nella propria interiorità. Il disegno è l’arte attraverso cui si esprime la nostra facoltà di introiettare le forme della realtà visibile e in questo senso costituisce la base della Pittura. Disegnare è una forma di conoscenza della realtà e per conoscere veramente gli oggetti che andiamo a rappresentare è innanzitutto necessario sgombrare dalla nostra mente ogni conoscenza preconcetta che ne abbiamo. Per disegnare è necessario saper vedere in due dimensioni, misurare le varie grandezze e confrontarle l’una con l’altra: un esercizio che i nostri occhi non sono abituati a fare, al quale devono essere introdotti con gradualità e pratica. Negli studi accademici il disegno è il primo insegnamento che viene impartito, ma davanti alla complessità della realtà visibile è facile scoraggiarsi, poiché manca l’aggancio emozionale che può dare il colore, mentre iniziando l’istruzione con esercizio della  pittura è possibile che si arrivi al disegno in modo meno forzato.Tuttavia, in un caso come nell’altro, saper disegnare rimane indispensabile per dipingere.

Composizione e Prospettiva

Il termine composizione deriva dal latino compositus che significa “ben sistemato”, mentre prospettiva deriva dalla parola perspicere che significa “vedere chiaramente”. La composizione è l’organizzazione di linee e forme in un insieme espressivo, la prospettiva produce l’illusione delle tre dimensioni su un supporto bidimensionale. Chi dipinge fa uso di composizione e prospettiva  così come chi scrive usa vocaboli e grammatica. In ogni caso, se un quadro può fare a meno della prospettiva scientifica, non può assolutamente prescindere della composizione.

Gli elementi compositivi: punti, linee, spazi e forme sono i vocaboli che devono essere ordinati in proposizioni di senso compiuto dalla prospettiva.  Nell’arte occidentale la composizione è sempre stata presente nelle raffigurazioni a partire dall’arte primitiva fino a quella moderna. La composizione in Pittura costituisce lo scheletro dell’opera e consiste nel sistemare gli elementi del soggetto secondo un ordine intuitivamente ‘bello’, cercando un equilibrio nei contrasti di linee, forme, toni, colori che offre il ‘vero’. Questo ordine rinchiuso nel ‘vero’ sta al pittore rivelarlo. 

L’esperienza quotidiana insegna a distinguere gli oggetti secondo la loro funzione e a catalogarli: la pittura obbliga a dimenticare quello che abbiamo imparato in questo modo. Innanzi tutto si deve ricominciare a valutare il vero sotto l’aspetto dello spazio, vale a dire a considerare i pieni allo stesso modo dei vuoti e a osservarli con l’occhio del pittore, cioè secondo linea, forma, tono, colore. Tramite questa particolare maniera di osservare, dalla frammentazione si accede ad una unificazione degli elementi del reale, per cui il ‘nome’ del soggetto diventa insignificante, dal punto di vista della bellezza. Gli oggetti sono sempre in competizione tra loro nel richiedere la nostra attenzione, perciò l’opzione importante è trovare il proprio personale centro di interesse e guidarvi gli occhi, cioè ‘inquadrare’. Per mettere a fuoco la sezione del soggetto che interessa maggiormente può essere d’aiuto fare uso di un rettangolino di cartone, oppure scattare foto.

Se la composizione era connaturata alla Pittura fin dall’inizio, la prospettiva matematica è subentrata solo nel XV e XVI secolo grazie soprattutto all’opera di Filippo Brunelleschi, architetto, e in pittura se ne coglie l’esito in tutti i pittori del rinascimento, per esempio in Masaccio, Piero della Francesca o Melozzo da Forlì, con la sua prospettiva “da sotto in su”. Nel disegno prospettico si considerano gli oggetti attraverso la costruzione immaginaria  di ‘punti di fuga’ che simulano lo sguardo di chi osserva e a partire dai quali muovono le linee. Questi punti di fuga possono essere due, come nella prospettiva accidentale, o uno solo come nella prospettiva centrale. L’uso della prospettiva in pittura è servito a comporre gli oggetti nello spazio. Prima del Rinascimento la prospettiva non aveva canoni e la pittura moderna, dissociandosi dalla prospettiva architettonica, ha assunto nuove modalità di costruzione dello spazio. 

Il disegno in Pittura

Rispetto alla percezione del colore, cogliere una linea obbliga ad uno sforzo mentale più cosciente che può divenire facilmente un virtuosismo. Tuttavia se la pittura non ha il supporto solido del disegno, essa non può esprimersi al meglio come linguaggio. Per chi dipinge è indispensabile saper disegnare, perchè un disegno può bastare a sé stesso, ma nessun quadro, né figurativo né astratto, si può reggere senza il disegno. Nella realizzazione di un quadro il disegno non concerne solo l’impostazione ma si va anche realizzando continuamente, attraverso le scelte tonali e coloristiche che si fanno. Per questa ragione il disegno in Pittura è qualcosa di diverso dal semplice disegno, deve necessariamente staccarsi dal chiaroscuro e addentrarsi fino in fondo nella ricerca tonale.

La forma è la configurazione apparente di un oggetto, il modo in cui esso appare ai nostri occhi. Dietro qualsiasi forma della realtà visibile si cela una immagine geometrica più o meno complessa . La composizione consiste nel modo in cui differenti forme sono disposte all’interno di un’immagine unitaria. Disegnare equivale a riprodurre forme mediante un processo che parte dall’osservazione, passa attraverso il riconoscimento e si conclude con la riproduzione delle forme stesse su un supporto. Se le forme sono complesse, può essere utile suddividerle in porzioni più semplici, secondo un processo di scomposizione che può procedere all’infinito. La consapevolezza del fatto che tutte le forme sono governate dalle regole della geometria può aiutare a conferire struttura a un disegno, a individuare l’ossatura che lo sorregge, ma anche a mettere in corretta relazione ciò che si vede di un oggetto e ciò che si sa di esso. Disegnare “forme” è più semplice che disegnare “cose”, in quanto le cose sono caratterizzate da una gran varietà di attributi di cui, al contrario, le forme sono prive. I metodi che aiutano a definire la composizione di un’immagine si fondano su espedienti volti a evitare errori nella posizione degli oggetti che ci si accinge a disegnare: le disposizioni scorrette di solito generano immagini rigide, statiche, prive di tensione e di ordine visivo. Ma come tutte le regole, anche queste possono essere derogate nel momento in cui si acquisisce la padronanza e il controllo dello spazio.

  • Osservare la silhouette, cioè sforzarsi nell’individuare il contorno degli oggetti, ossia la loro forma apparente, anche se questa può rivelarsi inadeguata a descriverli in modo convincente.
  • Osservare gli spazi negativi, cioè gli spazi apparentemente privi di una conformazione definita compresi fra due o più oggetti dalla forma nota.
  • Osservare lo sfondo , trasformarlo in figura. In questo modo, quella che in precedenza appariva come figura perde parte della sua riconoscibilità.
  • Osservare l’ombra dell’oggetto, cioè comprendere il ruolo della luce nella definizione delle forme: lo stesso soggetto cambia radicalmente la propria forma semplicemente modificando la fonte luminosa che lo rende visibile.
  • Osservare la composizione, gli oggetti collocarsi in corrispondenza di un nodo o di un asse in una composizione a triangolo o in diagonale.
  • Osservare l’insieme, cioè come in un disegno il corretto proporzionamento dell’insieme sia molto più importante della precisione nei dettagli.

Il nostro occhio è in grado di valutare le dimensioni degli oggetti con rapidità e precisione, indipendentemente dalla cultura o dall’esercizio. Basta provare ad offrire a dei bambini una torta tagliata a fette: ciascuno di loro saprà valutare immediatamente qual è la porzione
più grande e quella più piccola. Tuttavia anche questo intuito non è sufficiente per disegnare e in assenza di un corretto proporzionamento è difficile che un disegno possa essere considerato efficace.
Esistono tre punti su cui concentrare l’attenzione: la ricerca del punto centrale; l’utilizzo di linee di riferimento orizzontali e verticali; il costante confronto delle dimensioni.

  • La ricerca del punto centrale è utile a definire le proporzioni sommarie di un soggetto, a collocarlo correttamente tispetto alla scena e allo spazio del foglio, a evitare che elementi significativi posti alle estremità di un soggetto (per esempio, la testa o i piedi) rimangano esclusi per mancanza di spazio.
  • L’uso di linee verticali e orizzontali come strumento di controllo permette di trasferire sul foglio un’ideale griglia in cui i punti di intersezione fra le linee corrispondono a punti significativi del soggetto. Questo espediente, come il precedente, ci aiuta anche a disegnare ciò che si vede piuttosto che ciò che si sa e ad accettare i paradossi che, a volte, la vista impone.
  • Il confronto costante delle dimensioni tramite la matita usata come traguardo permette di controllare, man mano che il disegno procede, la dimensione corretta
    degli elementi fondamentali.

Il disegno si fonda sull’esercizio della mano da un lato e sulla correttezza dell’osservazione dall’altro. Nell’esercizio è importante pensare che gli errori servono alla lunga per comprendere, come di solito avviene per qualsiasi apprendimento. In questo senso nessun tentativo è da scartare e non ci si deve avvilire se un disegno ‘non riesce’. Il disegno deve essere sviluppato nelle sue tre diverse fasi: segno, linea, chiaroscuro tonale, attraverso questi passaggi:

  • schizzo 
  • disegno di contorno
  • disegno particolareggiato
  • disegno tonale
  • disegno a chiaroscuro

Lo schizzo è la prima fase del disegno, la stessa parola suggerisce un’operazione immediata e veloce. Dal punto di vista dell’osservazione corrisponde al primo colpo d’occhio. Lo schizzo mira a impadronirsi dell’insieme degli oggetti, la linea deve essere spezzata e sintetica. Il disegno vero e proprio invece ricerca la forma degli oggetti. Dal punto di vista dell’osservazione corrisponde alla presa di coscienza del visibile. Esso si esprime nella delineazione della linea di contorno della struttura totale e poi degli oggetti particolari che la compongono. La linea di contorno deve essere pulita e fluida. Dopo il contorno si passa a definire i dettagli degli oggetti. Questa fase può essere portata fino in fondo al visibile o fino a un certo punto, operando in quest’ultimo caso una scelta fra i molti dettagli.

  • Porre davanti a sè nella luce (naturale o artificiale) un unico oggetto, può essere una bottiglia, un bicchiere, un frutto, un fiore. Cercare la sua forma attraverso una serie di schizzi utilizzando solo la linea di contorno. Iniziare dividendo il foglio in quattro parti con due linee perpendicolari può essere un buon modo per distribuire equamente il disegno sulla superficie del foglio
  • Ripetere l’esercizio con un gruppo di due o tre oggetti. Costruire la forma di ogni oggetto disegnando i vuoti che si creano fra un oggetto e l’altro, invece che li pieno dell’oggetto. L’esercizio dell’osservazione dei vuoti è di importanza vitale per il disegno e siccome non è facile va ripetuto costantemente fino a che questa maniera di osservare non diventa automatica. Osservare i vuoti deve diventare tutt’uno con l’osservare i pieni.

Il disegno può fermarsi qui, oppure proseguire con la definizione della forma solida attraverso un tratteggio più o meno fitto. Per prima cosa si deve imparare come tratteggiare, tramite esercizi che insegnino la giusta pressione della matita, la misura e la direzione dei segni.

  • Con una matita e poi con un carboncino disegnare a fantasia linee rette e curve sul foglio, muovendo da un punto per arrivare a quello successivo, può essere un modo semplice per esercitare la mano e il polso.
  • Tacciare un reticolato sul foglio e riempire ogni spazio che si forma tra le righe con un tratteggio di toni differenti può introdurre alle scale tonali.

Il tratteggio serve a definire in primo luogo i valori tonali, che danno un’espressione completa alla composizione impostata dallo schizzo: è questa la base vera e propria dell’opera in Pittura. Il tratteggio definisce tonalmente ogni forma e i rapporti fra le varie forme che costituiscono l’insieme della composizione. 

  • Stabilire in gradazione tutti i passaggi tonali, dal più chiaro al più scuro, riempiendo le forme di ogni oggetto. Non è importante il numero dei toni, che possono essere anche ridotti a tre o quattro, quello che è importante è che siano corretti i rapporti fra uno e l’altro, cioè che vengano studiati paragonando un tono all’altro.
  • Passare al chiaroscuro di ogni oggetto, che deve mantenere l’impostazione tonale data, verificando continuamente se si esagera con una luce o con un’ombra.

Si può usare qualsiasi tipo di carta, di qualsiasi misura, grammatura o colore e una matita semplice HB o qualsiasi altro materiale da disegno, come matite diverse, carboni, inchiostri, penne varie e pennarelli, ecc. Ciascuno, col tempo, tende a scegliere gli strumenti più congeniali e quindi non esistono scelte di per sé giuste o sbagliate. 

Materiale di base. 

Il primo suggerimento che vorrei dare è munirsi di uno sketchbook e di una matita o una penna, portarlo sempre con sè e prendere l’abitudine di disegnare qualsiasi cosa. Il disegnare continuamente costituisce la migliore educazione al disegno che esista.

– album per schizzi e album per disegno, oppure fogli di carta bianca liscia formato A4 (carta per fotocopie) e carta più pesante dello stesso formato
– portamine da mm 2 con mine in grafite di gradazione HB (media), 4B (morbida) con temperamine a campana. Oppure matite di grafite HB e 4B con tempera matite
– penna a punta metallica sottile. Nelle penne a sfera il tratto non è sempre fluido e continuo; le penne con inchiostro “gel” tendono a macchiare; nei pennarelli con punta di feltro col tempo la punta si ammacca e il tratto diventa sempre più chiaro. Le penne sono utili per perdere l’abitudine di cancellare
– supporto per disegnare: tavoletta di laminato cm 35 x 45 circa, oppure apposita cartella con molletta per trattenere i fogli
– scotch di carta (tipo “carrozziere”) per fissare i fogli al supporto

Indicazioni utili per una impostazione corretta

  • Mettersi comodi. Trovare uno spazio confortevole e ben illuminato. Sedersi comodamente. Ascoltare musica può aiutare a rilassarsi e ad entrare nello stato d’animo giusto.
  • Non avere fretta di iniziare. Una volta scelto il soggetto, guardarlo a lungo senza disegnare. Cercare di entrare dentro le cose: il loro funzionamento, le proporzioni, la qualità dello spazio, la grana dei materiali. Scegliere con la massima attenzione l’inquadratura, cioè la porzione di spazio da rappresentare e la posizione da cui si decide di osservarlo: si tratta di una scelta fondamentale per il buon esito di qualsiasi disegno. Solo dopo questo, scegliere con cura il formato del foglio: il formato, scelto a causa della porzione di realtà che si vuole rappresentare, condiziona la composizione.
  • Disegnare solo quello che si vede, non quello che si sa. Spesso si tende a disegnare in modo mnemonico, riproducendo le immagini che si hanno degli oggetti, utili a organizzare il ricordo delle cose ma poco fedeli alla realtà, in molti casi assolutamente prive di correttezza geometrica e dimensionale, sempre dannose.-
  • Guardare l’oggetto più che il foglio. È l’oggetto che trasmette le informazioni indispensabili a portare avanti il lavoro. Guardare troppo il foglio, inoltre, rende inevitabilmente succubi di un giudizio estetico su ciò che si sta disegnando, a scapito della libertà personale e della verità dell’oggetto.-
  • Cominciare il disegno socchiudendo gli occhi e ripetere spesso questa operazione, per perdere la percezione degli elementi di minore importanza e concentrarsi sulla forma generale e sui rapporti fra le parti.
  • Disegnare prima la forma generale di un oggetto o del gruppo di oggetti più grandi e solo alla fine i dettagli.
  • Misurare. Per verificare gli allineamenti e per misurare le proporzioni è consigliabile ricorrere alla pratica nota che fa uso dello strumento con cui si sta disegnando  Con la matita in mano si estende completamente il braccio fra sé e il soggetto e si misurano le linee utilizzando la lunghezza della matita.
  • Non cancellare mai. Meglio ri-delineare, lasciando che i segni si sovrappongano, o se non è possibile cambiare foglio e ricominciare da capo. Vietato l’uso della gomma.
  • Tenere la matita ben appuntita.Tracciare linee il più possibile continue, evitando le linee composte da di piccoli tratti affiancati. Affidare la qualità del disegno alla linea, piuttosto che a sfumature e chiaroscuro.
  • Riempire sempre il foglio.
  • Disegnare dal vero piuttosto che da foto. I motivi sono numerosi, quello principale deriva dal fatto che dal vero abbiamo la libertà di decidere quale scena inquadrare e quale posizione assumere rispetto al soggetto, mentre in una foto queste scelte fondamentali sono già state effettuate, magari da altri.

Libri sull’argomento.

John Ruskin, Gli elementi del disegno, Adelphi, Milano 2009 (I ed. The Elements of Drawing, London 1857). Il libro raccoglie, in forma discorsiva e con un approccio operativo, le lezioni di disegno di Ruskin ai propri allievi, rivela numerosi “trucchi del mestiere”, stimolando la passione per l’osservazione, la cura dei particolari e la felicità di disegnare.

Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, Storia di un disegnatore. Come si impara a disegnare, Cavallino, Venezia,1992 (I ed. Historie d’un dessinateur. Comment on apprend à dessiner, Paris, 1879). Racconta il percorso formativo di un giovane disegnatore, dai primi schizzi ai disegni che realizza per guadagnarsi da vivere, alternando la narrazione alla spiegazione pratica, con un approccio fortemente anti-accademico: per imparare a disegnare
occorre innanzitutto essere curiosi, poi osservare il mondo che ci circonda e infine conoscere le leggi che governano la natura.

Ernst Rottger, Dieter Klante, Punto e linea, Il Castello, Milano 1976 (I ed. Das Spiel mit Bildelementen. Punkt und Linie, Otto Maier Verlag, Ravensburg 1964). Uscito in Italia più di trent’anni fa e riedito nel 2001, contiene una sorprendente raccolta di disegni realizzati da bambini, adolescenti e giovani allievi in cui il soggetto principale della rappresentazione è sempre l’elemento grafico (il punto o la linea) piuttosto che gli oggetti o le figure da riprodurre.

Betty Edwards, Il nuovo Disegnare con la parte destra del cervello, Longanesi, Milano 2002 (I ed. The New Drawing on the Right side of the Brain, USA 1979). Si basa sull’idea che l’istruzione, i modelli educativi e le principali attività quotidiane svolte da ciascuno di noi privilegino la sfera razionale (gestita dall’emisfero sinistro del cervello) rispetto alla sfera intuitiva e creativa (gestita dall’emisfero destro). Propone una serie di esercizi finalizzati a sviluppare le facoltà creative, limitando l’azione di quelle logiche e razionali e mostrando come tutti possano imparare a disegnare dal vero raggiungendo un buon livello.

Bert Dodson, Le chiavi del disegno, Newton Compton, Roma 2010 (I ed. Keys to Drawing, North Light, USA 1985) Fra i manuali presentati, rappresenta quello in cui il
percorso di apprendimento è costantemente intervallato da esercizi di verifica. Con grande pragmatismo e un linguaggio molto diretto, l’autore presenta 55 “chiavi” per accedere alle numerose possibilità offerte dalla capacità di disegnare, e lo fa in modo progressivo ed entusiasmante, in modo che le nozioni teoriche siano affiancate da applicazioni pratiche.

Giuseppe Di NapolI, Disegnare e conoscere. La mano, l’occhio, il segno, Einaudi, Torino 2004. Il sottotitolo di questo saggio rivela i tre concetti chiave che ne sorreggono l’impalcato teorico. Fra innumerevoli citazioni, riferimenti e intuizioni, il volume esalta il ruolo del disegno come insostituibile strumento di conoscenza e come disciplina che attinge dal sapere ma si esplicita essenzialmente attraverso il fare. Mano, occhio, strumento e segno diventano gli
elementi di una sequenza in cui i rapporti reciproci rivelano modi nuovi di interpretare la realtà e di raccontarla attraverso l’azione del disegnare.

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